Quando è arrivato in Italia aveva con sé poche valigie, tanti sogni e una laurea in ingegneria,o forse in economia, lettere o biologia.
Nel suo Paese aveva studiato, lavorato, costruito qualcosa. Aveva un ruolo, una voce, una dignità riconosciuta. Poi è partito, come tanti, alla ricerca di un futuro migliore. E ha scoperto che qui, quel passato non contava nulla.
La laurea non basta, se il nome è sbagliato
Per chi arriva da fuori dell’Europa, la strada verso il lavoro è lunga, spesso ingiustamente complicata.
Anche per chi ha studiato, anche per chi parla italiano, anche per chi è pronto a fare qualsiasi mestiere.
Titoli non riconosciuti. Esperienze lavorative “che non valgono”. Documenti mancanti. Preconcetti difficili da scalfire.
“Ho chiesto di fare il magazziniere, mi hanno detto che ero troppo qualificato. Allora ho chiesto di fare le pulizie, mi hanno detto che non avevo esperienza. Poi hanno assunto qualcun altro.”
Così ci si trova in un limbo: troppo formato per lavori semplici, troppo straniero per ruoli qualificati.
Un paradosso doloroso, che costringe molti a vivere ai margini, con un potenziale inespresso e invisibile.
Dietro ogni storia, una persona
A noi non interessa solo il curriculum, il permesso di soggiorno, il livello di italiano.
A noi interessa la persona.
Vogliamo sapere chi sei, cosa sai fare, cosa ti piacerebbe imparare, da dove vieni e dove vuoi andare.
Nei nostri spazi, incontriamo ogni giorno uomini e donne che portano con sé non solo un passato, ma una ricchezza di competenze, sguardi, sensibilità. E noi facciamo il possibile per valorizzare tutto questo, non sprecarlo.
Lavoro, non elemosina
Offriamo percorsi concreti di formazione, affiancamento e inserimento lavorativo, in cui le persone migranti non vengono considerate “ultime risorse”, ma parte attiva di un progetto. Diamo spazio alle competenze tecniche, ma anche al talento umano: puntualità, impegno, rispetto, capacità di adattarsi e lavorare in gruppo.
L’inclusione non è buonismo. È giustizia. È visione. È costruzione di futuro.
Non vogliamo “dare una mano”: vogliamo costruire insieme un percorso che abbia senso e dignità. Anche a piccoli passi. Anche in settori umili. Perché non c’è lavoro umile, se è fatto con rispetto e motivazione.